Un magliuomo al Politecnico: Giovanni Conti

conti fotoParliamo oggi con il professor Giovanni Maria Conti (i magliuomini si trovano in ogni ambito del mondo, compreso quello accademico) autore, tra l’altro, del testo Design & moda: progetti, corpi, simboli, edito da Giunti/Ottagono e riferito esclusivamente alla moda italiana e all’avvento del Made in Italy. Giovanni Maria Conti è Ricercatore e docente presso il Dipartimento e la Scuola di Design del Politecnico di Milano e coordinatore del Laboratorio di Design della Maglieria oltre ad essere membro della pagina FB dei magliuomini, quindi non potevamo farci scappare l’occasione di conoscerlo meglio.

Tu lavori a maglia a mano? Se sì, quale tecnica preferisci? Oppure ti dedichi ad altre attività tessili?

Sì, lavoro ai ferri. Ho imparato con Giuliano Marelli nel 2008.

Non sono bravissimo ma lavoro a maglia soprattutto quando
sono molto nervoso. Il mio punto preferito è la doppia grana di riso anche se trovo davvero bello il punto dama; mi piace anche l’uncinetto ma ho delle mani troppo grandi per quel tipo di lavoro! Poi ovviamente, essendo cresciuto con una nonna sarta, tutto ciò che è rifinitura a mano, la so fare. Inoltre, Nonna Betta mi ha insegnato anche a stringere o allargare i pantaloni dal dietro. Ultimamente ho riscoperto il mulinello circolare [anche chiamata caterinetta, NdR], la versione contemporanea della “maglieria magica”.

conti design modaChe fibra ti piace di più?

Mi piacciono molto le fibre naturali, il cachemire per la sua morbidezza, il cotone per la sua lucentezza. Preferisco lavorare con i ferri grossi e i filati bulky, mi piacciono i volumi grandi che danno consistenza al capo, o all’accessorio, e si notano.

Qual’è stato il percorso che ti ha portato a fare delle tue passioni un lavoro?

Ho sempre guardato le persone per come andavano vestite, per come si muovevano: mi piace andare in giro e guardare, sono un pessimo guidatore perché mi incanto ad osservare persone, oggetti, auto. Amo passeggiare di sera e guardare dentro alle finestre che illuminano le stanze. Questa mia passione per le “cose” mi ha sempre fatto collezionare oggetti, automobiline, oggetti di famiglia, ecc. Il tutto però si è manifestato concretizzandosi con la scuola e il mio percorso formativo.

Sono stato molto fortunato perché ho avuto dei genitori che mi hanno sempre detto: “fai pure quello che vuoi, coltiva le tue passioni ma sappi che devi studiare”. Soprattutto mia madre, una docente di lettere alle scuole secondarie, ha sempre tenuto a tutto ciò; mi ricordo che dopo la scuola media mi ero iscritto, non troppo convinto, a ragioneria ma una sera di giugno, qualche giorno prima della scadenza delle iscrizioni alle superiori, mio padre mi ripeté quella frase e allora dissi che forse avrei voluto fare qualcosa di più creativo. Chiamò immediatamente mia madre che era in vacanza con mia sorella dicendole di cambiare l’iscrizione… Iniziai il Liceo Artistico Sperimentale, il giusto connubio tra materie artistiche, scientifiche e umanistiche e da lì non ho mai più lasciato il mondo della creatività e del progetto.

Ed è così che ho trasformato la passione per gli oggetti, per l’abbigliamento in lavoro, seguendo sempre quell’insegnamento tanto da diventare docente di design della moda al politecnico.

Un elaborato degli studenti del design lab

Parliamo del Politecnico di Milano, sei stato proprio tu a fondare il Lab di Maglieria all’interno del Dipartimento di Design, che già comprendeva Design della Moda e Design del Gioiello, colmando un sentito vuoto. Come sta andando? Ci accennavi che gli studenti che ne escono, sono molto ricercati dalle aziende.

Nel 2008 il Fashion Institute Technology di New York trasferiva al Politecnico la sede del Campus italiano, portandosi dietro tutta la strumentazione necessaria ai loro corsi; nello stesso anno vinsi il concorso da ricercatore e mi venne chiesto se volevo occuparmi di maglieria visto che avremmo implementato le macchine in laboratorio e avremmo potuto integrare queste tematiche nel nostro percorso formativo. Vidi in questo una grande opportunità: insegnando storia della moda sapevo che l’Italia aveva una grande tradizione anche nel settore della maglieria, c’erano stati, ed ancora oggi esistono, centri produttivi d’eccellenza.

conti elaboratoInfine, prima nell’ottica della Scuola del Design del “learning by doing”, ovvero nell’insegnare trasferendo conoscenze “facendo” realizzare delle cose oltre a saper disegnare, poi approfondendo il lavoro a maglia che necessita, così come per altri prodotti di design, di essere studiato, calcolato, prototipato prima della realizzazione del modello finale, ho deciso di iniziare a lavorare in questo settore, una sfida che anno dopo anno ha dato a me e ai miei colleghi grandi soddisfazioni sia in termini di contenuto che di risultati occupazionali; alcuni dei nostri studenti sono oggi impiegati presso grandi brand del Made in Italy come Max Mara e internazionali come Vuitton e Boss. [Qui un resoconto dei modelli presentati all’esame finale del knitwear lab 2014, NdR].

Quale è il rapporto tra studentesse e studenti, nel corso?

In questi ultimi anni ho avuto diversi studenti e studentesse e sono molto felice di poter dire che tutti imparano con entusiasmoI maschi, non so perché, imparano a lavorare meglio delle ragazze, queste ultime, invece, diventano molto più brave dei loro colleghi nella realizzazione e nella progettazione. Insomma, posso dire che c’è sempre un giusto mix tra tutti loro nel come organizzare e portare a termine il brief progettuale. Per me è importante cercare di comprendere quali sono le attitudini di ciascuno di loro e cercare di esaltarle; ecco perché non dico mai “no” aprioristicamente alle cose che mi propongono di fare. Li ascolto, cerco di capire e poi li sfido a convincermi… E devo dire che taluni ci riescono egregiamente.

Ti sembra che i magliuomini siano ben rappresentati?

Penso proprio di sì. Non so se parlare di magliuomini però credo che il lavoro a maglia sia una pratica indicata per tutti. Il percorso educativo della Scuola Staineriana prevede che i bambini, tutti, imparino a lavorare a maglia e a cucire. Insomma, io credo che il lavoro manuale sia utile per le donne ma anche per gli uomini e si può essere maschi sia che si preferisca martello e chiodi che lavorando ai ferri con dei filati.

A febbraio partirà anche, sempre presso il Politecnico di Milano, la prima edizione del corso di alta formazione in design della maglieria. Il sottotitolo recita “Dall’uncinetto alla maglieria a macchina: un percorso pratico e creativo per progettare e realizzare la maglia in tutte le sue differenti applicazioni”. Vuoi dirci più in dettaglio di cosa tratterà?

È la prima edizione del corso di formazione erogato presso il Consorzio POLI.design, consorzio che assieme al Dipartimento e alla Scuola del Design rappresenta quello che noi chiamiamo “Sistema Design del Politecnico di Milano”.

conti design maglieria

Il corso vuole trasmettere le conoscenze della maglieria a partire dal lavoro manuale, l’aguglieria, fino a far scoprire ai partecipanti che lo stesso movimento che si fa a mano in realtà lo fanno, in maniera diversa, le macchine. Il Dipartimento di Design è dotato di circa 30 macchine artigianali, tra Brother, Coppo e Dubied (una donazione che ho personalmente ricevuto da una signora la cui passione per il suo lavoro da magliaia l’ha spinta a regalarci il “suo bene più prezioso”) quindi l’obiettivo del corso è quello di far comprendere, “facendo”, questo passaggio. In realtà anche le aziende dei produttori di macchine industriali hanno trovato utile ed interessante questo percorso formativo.

Abbiamo prima accennato al tuo ultimo libro, un saggio sulla storia della moda. Oltre ad ammirare il fatto che sei inarrestabile, ci piacerebbe se ci dicessi qualcosa anche su questo.

Design&Moda è il terzo volume di una collana dedicata al Made in Italy curata da Aldo Colonetti; quando lui e la mia grande amica Valentina Auricchio, due anni fa condirettore di “Ottagono”, mi proposero di scrivere questo testo fui dapprima felicissimo e subito dopo terrorizzato.

Molti autori hanno scritto sulla moda: il mio punto di vista è stato quello di raccontare il “progetto” della moda italiana, inteso come attività complessa, coacervo di conoscenze tecniche, tecnologiche e produttive, oltre che di stile naturalmente. Oggi so che non avrei potuto fare altro nella mia vita perché occuparmi di moda è per me occuparsi dell’evoluzione della società, dei nostri costumi intesi non come vestiti ma come “modi” e soprattutto questo libro mi ha dato la possibilità di parlare della Moda Italiana non solamente come evoluzione storica ma considerare tutto ciò uno dei più grandi archivi che abbiamo a disposizione per progettare il nuovo.

Io non sono uno storico ma amo pensare la storia come un archivio di “cose” che possono essere utilizzate per progettare il futuro.

[Qui un resoconto della presentazione del libro alla Triennale di Milano, NdR].

Appena si esce dall’Italia, si vede che i magliuomini si trovano facilmente non solo in ambito professionale, ma frequentano senza timidezza e senza essere guardati come fenomeni da baraccone anche gli Stitch’n’bitch della provincia più profonda. Pensi che riusciremo in Italia a vivere una situazione di questo tipo in tempi ragionevoli?

All’estero ci sono sicuramente molti meno cliché che da noi; ricamare, “fare la maglia”, cucire sono quasi sempre state attività tipicamente femminili. In realtà in questi ultimi due/tre anni tutto ciò sta cambiando e anche i maschietti hanno minori remore nel farsi vedere con un ago e un ditale o un uncinetto e del filato. E poi scusate i migliori chef sono maschi, i migliori sarti sono maschi… forse anche le donne dovrebbero cambiare atteggiamento. Credo che la virilità di un uomo così come non viene compromessa mentre fa la maionese a Masterchef, non venga pregiudicata nemmeno se realizza una sciarpa o un maglione. So di un manager che ha lasciato la sua precedente attività per aprire una sua produzione di capi in maglia. Per me questo vuol dire che tutti, davvero tutti, possono avvicinarsi a queste pratiche e, perché no, farne diventare delle professioni.

Ringraziamo Giovanni per il tempo che ci ha dedicato e gli auguriamo, ovviamente, buon lavoro!

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