Costumi Fuori Scena: Quando l’alta moda incontra il teatro d’avanguardia 1

costumi fuori scena

Coco Chanel e Le Train Bleu: la  spiaggia della Costa azzurra sulla ribalta della Parigi surrealista – 1° parte

 

Negli anni venti, a Parigi, Coco Chanel, era ormai un’affermata creatrice di moda, con il suo stile innovatore, sobrio ed elegante nello stesso tempo, che chiudeva finalmente l’epoca delle crinoline e dei drappeggi, e apriva lo sguardo sulla donna nuova del secolo nuovo, la donna “femminile per paradosso”, come hanno giustamente scritto del suo stile, che sottolineava con semplicità i contorni del corpo, fino ad allora sepolto sotto metri infiniti di stoffe e sbuffi, grazie ad abiti maschili appositamente e genialmente rivisitati. Ecco i colori Chanel, bianco e nero, ma anche beige, blu marine, grigio, la sorpresa dei primi pantaloni femminili, ispirati a quelli da cavallerizza, i primi abiti sportivi, lo stile alla marinara, la gonna sotto il ginocchio, i capelli corti, i cappellini senza più velette e trionfi di frutta e fiori, fino al 1926, l’anno in cui Coco lanciò “La petite robe noire”, il primo tubino nero, il simbolo più famoso del suo stile.

Coco Chanel negli anni venti

 

Il periodo storico pieno di fermento e di novità, tra gli ultimi anni dell’ottocento e i primi trenta del novecento, è quello degli anni della rivoluzione industriale, di quella bolscevica, con la recente e drammatica prima guerra mondiale, la pubblicazione delle opere di Freud e la nascita della psicanalisi, gli studi di Marx sul capitalismo e sul lavoro operaio e la nascita di concetti come quello di alienazione del lavoro e società di massa. Tutto ciò portò in primo piano riflessioni e critiche sulla sconcertante precarietà dell’uomo del XX secolo, sempre più solo in mezzo alla tragedia del mondo, insoddisfatto, in balia dei propri bisogni e delle proprie frustrazioni.

 

Nello stesso tempo, le nuove invenzioni, l’automobile e i mezzi di trasporto, le nuove macchine utilizzate per agevolare il lavoro delle industrie, il cinema, di cui conosciamo l’impatto enorme sulla società, la radio, il fonografo e la nuova musica d’oltreoceano, con le loro peculiarità di immediatezza, spontaneità, movimento, rapidità, diedero nome e ritmo a quegli anni: era nata l’età del jazz.

 

Non meno importante, fu l’impatto delle nuove correnti d’avanguardia artistica: in Italia era nato il Futurismo, a Zurigo il Dadaismo, in Germania l’Espressionismo, in Francia il Surrealismo. I loro manifesti parlano al nuovo uomo, proclamando  la loro nuova visione della realtà e dell’arte, iconoclasta, dirompente, esplosiva.

 

Il surrealismo, in particolare, cercò nel teatro la sintesi di tutte le arti, non lo specchio, l’imitazione, della realtà: solo il teatro poteva “tradurre la realtà, in un insieme coerente di pittura, danza, mimo e arte plastica, parole, dramma e satira”. Le arti quindi, non dovevano più sforzarsi di imitare la realtà (come scrisse Apollinaire, massimo poeta surrealista), ma nella loro sintesi, che poteva compiersi solo sul palcoscenico, creare un’allusione del reale: la realtà non era più un oggetto da replicare, ma un’infinita serie di sfaccettature individuali, ognuna soggettiva, ognuna valida come visione del reale.

 

E’ in mezzo a questi ribaltamenti storici e culturali, e soprattutto nella capitale per eccellenza del nuovo secolo, Parigi, che Chanel si trovò incastonata, ispirata dal nuovo tempo, dalle nuove condizioni esistenziali, dalle novità del dopoguerra, dai nuovi eclettici, geniali amici, tra i quali, Jean Cocteau, poeta, regista, romanziere e drammaturgo surrealista. Come sintetizzano le parole di Cocteau: “Un’opera d’arte deve soddisfare tutte le muse. La chiamo: prova del nove” , il teatro diventò la più evidente espressione surrealista, in quanto spazio adatto a coniugare la sintesi di tutte le arti e liberare l’estro e la genialità dell’uomo moderno, che ritrovava così la propria singolarità nella collettività dell’arte. E’ sulla spinta di questi fermenti, dissonanze poetiche e pittoriche, flussi energetici liberatori, libertà d’espressione, che Coco Chanel si inserì, con grande talento, come costumista.

Jean Cocteau e Coco Chanel

 

Cocteau, nel 1922 la invitò a disegnare i costumi della sua  Antigone, riscrittura basata sull’opera di Sofocle. Ecco apparire in scena l’essenzialità classicheggiante di Chanel: non più costumi ottocenteschi ridondanti e finti, ma semplici tuniche di lana rustica, ornate soltanto di greche ricamate. Più che un costume, il gesto creativo. Come gesto creativo, furono le scene dipinte da Picasso, altro grande amico di Chanel.

I costumi da bagno in jersey di Chanel conservati al Victoria and Albert Museum di Londra

 

Il 20 giugno 1924, a Parigi, al Thèatre des Champs Elisées, andò in scena Le Train Bleu, un libretto di Cocteau, uno dei balletti più divertenti ed ironici di Sergej Diaghilev, il creatore dei celeberrimi Balletti russi,  che chiamò Chanel a disegnare i costumi. 

locandina

Ci vediamo tra qualche giorno per la seconda parte!

 

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