Jacquard Attack: Il plaid afgano

jacquard attack

Non ho letto l’intera bibliografia di Stephen King, ma sono sicura che il mio horror autore preferito sia uno che apprezza il lavoro a maglia. Ben in due libri (che io sappia) il re parla degli afgani, intesi come plaid realizzati con i ferri.

In “Dolores Claiborne” Vera Donovan, tenebroso personaggio non troppo secondario, lavora un afgano mentre abbozza un destino, più o meno come una delle parche, in una grigia giornata di pioggia del Maine. In “La storia di Lisey”, un afgano giallo e, udite udite, anche il campione antecedente alla sua lavorazione rientrano in pieno diritto tra i protagonisti: la coperta, ribattezzata con un soprannome sul petaloso andante – leggi il libro se ti va di scoprirlo, e la relativa piccola “delizia di ma’ cara”.

Non abbiamo più scuse: il campione va fatto, altrimenti come faranno gli scrittori horror a inventarsi mondi paralleli?

Dentro e fuori dai libri le coperte afgane sono utilizzate come copriletti e/o come complementi di arredo e possono essere realizzati sia coi ferri che all’uncinetto, a pezzo unico oppure unendo strisce o quadretti: è possibile ricamarci sopra e aggiungere dei bordi cucendoli. Spazio alla fantasia e pazienza per la lunghezza del lavoro, che non può certo essere concluso in tre giorni sfruttando cinque minuti qui e dieci là.

La denominazione “afgano” riferita a un plaid o a uno scialle credo sia tipica dei paesi anglosassoni, qui in Italia ho sempre più visto diffusa la tradizione delle copertine per i neonati: da ragazza quando spiegavo a un negoziante che avrei voluto realizzare una coperta ne ricavavo sempre uno sguardo sdolcinato e la domanda

“A che mese sei?”

“Veramente sono due mesi che sto per conto mio, sono a corto di biancheria per la casa…”.

Sipario? No, perché ne ricavavo sempre un insopportabile pippone sulla noia del lavoro e pesantezza del manufatto. Pazienza.

Ora siamo un po’ più evoluti, per lo meno si spera, e noi knitter siamo finalmente emancipati dalle opinioni muffose: magari si chiamano plaid o coperta, ma i pattern ci sono!

Io in realtà ho iniziato inspirata dalla lettura di “La storia di Lisey”, in cui, come in Dolore Claiborne, Stephen King e traduttore usano in nome “afgano” per quello che noi in italiano chiamiamo più comunemente “plaid” o “coperta”, perciò ti darò link che riguardano “afghan blanket”.

Cominciamo con questo “In the loop knitting”, dal quale è possibile scaricare gratuitamente parecchi pattern. Un avvertimento: all’atto dello scaricamento chiede se ci si vuole iscrivere alla newsletter di LoveCrafts, io ho accettato, in effetti mi ricordava Lovecraft H.P., un altro dei miei scrittori preferiti, però non credo che la newsletter riguardi la letteratura horror.

Foto 1 fireside patchwork afghan

Arriva ora la carrellata Ravelry!

Artful afghan, LionBrand Knitting. Mi piace perché spiazza e sembra un varco spazio temporale.

Foto 2

Unico dell’insieme a non essere gratuito, ma lo metto, perché mi piace moltissimo:

Moth wing mitered afghan, Michael Del Vecchio.

Foto3

Afghan #3783, Bernat design studio.

Foto4

Stained glass afghan, Susan Levin

Foto5

Infine, tanto per semplificarti il lavoro, conosci la Ten stitch blanket? Questo tipo di costruzione è divertente e facile, a questo link potrai trovare il pattern gratuitamente.

Foto6

A proposito! C’è la versione film di “Dolores Claiborne”, “L’ultima eclissi”, e “La storia di Lisey” è diventata una mini serie TV uscita quest’anno.

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