Ufficio lavori di Mordor: Trova le differenze

ufficio lavori di mordor

Molti di noi non si sono ancora ripresi dallo shock: l’anno prossimo non ci sarà alcun Edimburgh Yarn Festival. La direzione si prende un anno di riposo e il perché si intravede nella newsletter in cui viene annunciata la pausa, ovvero il tempo e lo sforzo necessari a un evento che, partito in piccolo, si è ritrovato a fare i conti con l’enormità del numero dei visitatori, degli eventi, degli espositori.

01 filato tinto da me

Tipo una valanga partita con una palla di neve, tanto per cercare un’immagine che ci si possa avvicinare.

I protagonisti del festival non sono i colossi del filato e della maglieria, ma le piccole realtà artigianali, produttori locali, tintori con colori naturali e … le lezioni di maglia con designer – questi sì – da tutto il mondo.

Cosa ci piace del festival, che non possiamo trovare in Italia? Di sicuro il fatto di poter vedere tante deliziose particolarità concentrate in un ristretto spazio-tempo, magari con la possibilità di toccare, pastrugnare, osservare dal vivo le tinte del nostro oggetto di desiderio.

Inutile dire che l’acrilico non è quasi mai annoverato come oggetto di desiderio da parte dell’Unione Mondiale Maniaci del Filato. Poi ancora la possibilità di poter lavorare e apprendere da molti grandi designer tecniche nuove. L’avere degli spazi comodi in cui incontrare persone di tutto il mondo divorate dalla stessa smania, non trascuriamo questo aspetto! Infine c’è anche chi è attratto da Edimburgo e dalla Scozia in generale, e coglie l’occasione di visitare il posto pensando al festival come a un bella ciliegina sulla torta.

E le fiere italiane? Godibili, ma sono tutto un altro paio di maniche. Sono dei grandi contenitori per quelli che ancora si definiscono come “hobby femminili”, in cui la maglia o l’uncinetto sono due tra le tante proposte dedicate per lo più a noi svinfere, che, si sa, siamo sempre tanto entusiaste e creative.

Un inciso: non rispecchia la mia visione, altrimenti come avrei potuto decidere di scrivere per i Magliuomini? Ad ogni modo nulla di male, io, per esempio, finisco sempre con lo sguazzare tra le perline e le pietre dure; il cucito e la calligrafia, poi, per me sono peggio di Scilla e Cariddi: vado ad incagliarmi o in questo o in quella, durante la mia lenta navigazione in fiera, garantito al limone.

Parlando dei filati nel calderone, sono, per lo più, quelli dei grossi produttori, a cui ogni tanto scappa l’acrilico, il nylon, la microfibra. Non ci sono grandi assembramenti di piccoli produttori o di particolarità, ma perché, del resto, non ci sono moltissimi “piccoli” nemmeno nel panorama italiano, a parte pochi ardimentosi a cui va tutta la mia ammirazione e ai cui stand dedico, in genere, gli sguardi più lubrici.

È proprio la concezione della maglieria, che è diversa dall’Italia al resto del mondo: prima di tutto, l’ho già accennato, sembra essere qualcosa di riservato solo alla popolazione femminile, e poi, nell’era del consumismo, si è un po’ perso il rispetto per le materie prime e per il lavoro artigianale. Le nostre nonne, in pratica, acquistavano meno, acquistavano meglio e riutilizzavano: noi nipoti – le poche e i pochi che sferruzzano e uncinettano – siamo ancora nell’onda lunga della sbronza data dall’abbondanza delle proposte low cost, sia dal punto di vista dell’abbigliamento, che di quello dei filati.

Chi non pratica (e anche qualcuno/a di quelli/e che praticano) vede, inoltre, queste arti come qualcosa di vecchio, fossilizzato sugli stessi elementi e schemi, quando in realtà è un mondo grande e vitale, capace di rinnovarsi e poi di pescare nelle tradizioni per mescolare gli elementi, le tecniche, i colori. Fuori dai confini sono, forse, un filo più avanti nel lavoro di innovazione, come nel recupero delle tradizioni.

Ti ritrovi in questa riflessione? Dissenti? Hai evidenziato qualche altra differenza? Parliamone nei commenti.

Io nel frattempo ringrazio Mariuccia Caccia e Francesca Cecchet per i preziosi spunti di riflessione.

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