Tutti i segreti per saper tingere i filati: intervista a Elbert Espeleta

Siamo riusciti ad accalappiare Elbert Espeleta, talentuoso tintore, e gli abbiamo estorto (gentilmente, ma estorto, poiché non propriamente noto per la sua loquacità dal vivo!), i segreti per saper fare una buona tintura. In effetti, molti di noi già conoscono le splendide sfumature che nascono dai suoi alambicchi e in tanti li hanno lavorati, ma quanto poco sappiamo di come nascono? Ce lo siamo fatti raccontare! 

Semi-solidi da mangiare con gli occhi!

Andiamo per ordine Elbert. Qual è stata la causa scatenante della tua “febbre del tintore”?

Sono sempre stato affascinato dai colori che mi circondano anche se poi, generalmente, mi vesto di bianco, nero, blu o grigio. Il colpo di grazia è stato un articolo sui lavori di Kaffe Fassett. L'ho letto e sono corso subito a comprare filati e tele per fare i suoi progetti a piccolo punto. Alla fine del 2009, non so come sia successo, mi sono trovato con aghi e filati di tipo tweed e ho cominciato a cercare on line (ancora non sapevo dell'esistenza di Ravelry) video e istruzioni sul lavoro a maglia. E sono riuscito a fare la maglia rasata (che si arrotolava...). Poi, guardandomi in giro a Torino, non trovavo filati con i colori che mi piacevano, così ho ordinato dei libri e coloranti online e... non mi sono più fermato! Ah, quando ero nella scuola secondaria facevo già le T-shirt "tie & dye", ma allora tingevo stoffe di cotone e non di lana.

Il miliardo di matassine/campione di ElbertLe conoscenze che hai sono il frutto di un'accurata ricerca e di un attento studio o il prodotto casuale di numerosi calderoni sbagliati?

Ho divorato libri, riviste, materiali sul web e il numero di matassine/campioni fatti sul tavolino di cucina ha cominciato a crescere e continua a crescere tutt'ora. È la parte più divertente per me: mischiare i colori, senza tralasciare la parte tecnica se voglio essere in grado di crearne di ripetibili. Adesso sono in contatto con diversi tintori americani per scambiare idee e tecniche e seguo diversi loro video podcast dove mostrano i loro lavori e si intervistano a vicenda. Una bella comunità!

Il tuo stile di tintura è fortemente riconoscibile, fatto di colori vividi e brillanti, mai eccessivi. Quanto c'è della tua cultura d'origine, le Filippine, in esso?

Abito a Torino da più di vent'anni e non è una città riconosciuta per la vivacità dei suoi colori... E mi mancano i colori di casa che mi circondavano nelle Filippine cui, quando abitavo là, non facevo neanche caso perché erano ovunque. Quindi adesso tendo a scegliere dei colori che, in qualche modo, mi ricordano i colori della natura che si trovano nelle isole Filippine (ce ne sono 7.107!). Devo però stare attento nella scelta perché voglio fare dei colori variegati ma armoniosi, senza produrre i colorways che gli americani chiamano "clown barf" (vomito di clown).

"Out of darkness", realizzato con un gradient di ElbertC'è una tecnica che prediligi? E su quale in particolare stai lavorando adesso?

Generalmente uso due tecniche: metto i filati in alcune teglie, quindi applico i colori e poi metto tutto a “cuocere” sul fuoco per fissare i pigmenti, oppure dipingo le matasse con i coloranti e li fisso in una vaporiera per le verdure (trovata al mercato delle pulci). Mi piace anche fare i "gradient", sfumature graduali senza stacchi netti di colori, ma è una tecnica laboriosa: devo fare una pezza con una macchina da maglieria, applicare le diverse sfumature, cuocere, e disfare la pezza per ottenere un filato "degradè" (si dice così?). Il prossimo progetto sarebbe fare dei filati auto-riganti (self-striping) ma la preparazione è davvero molto complessa.

Sul web gira voce di una misteriosa “tintura a freddo”. Esiste veramente o è solo una delle solite leggende metropolitane?

Per le fibre animali la "tintura a freddo" non esiste, semplicemente perché il calore rende la tintura permanente. Sì, si possono ottenere delle belle colorazioni anche a freddo, ma poi non puoi lavare il capo perchè stingerebbe. Le fibre cellulose, invece, si posso tingere a freddo con i coloranti reattivi (fiber-reactive dyes tipo Procion).

Molti tintori contestano l'uso dei coloranti chimici, affermando che questi non sono eco-friendly, e preferiscono invece i pigmenti di derivazione naturale. Qual è il tuo pensiero in proposito?

Prima di tutto, la tintura è chimica. Si possono scegliere coloranti naturali o sintetici, ma resta chimica. Non c'è dubbio che l'industria tessile abbia contribuito molto all'inquinamento, specialmente in certi paesi, ma io sono un artigiano e non tingo per Zara o H&M! Poi, "naturale" non sempre significa "innocuo". Tingo anche con coloranti naturali, specialmente per la compagna (tedesca e naturopata) di mio fratello, usando una lana tedesca biologica certificata ma, purtroppo, per tingere due etti di lana col sistema “ad infusione” occorrono quintalate di foglie o radici e io non ho né il tempo né lo spazio necessari per farlo. Per tingere con colori naturali esistono anche gli estratti in polvere ma, a questo punto, preferisco usare i coloranti sintetici perché sono più stabili, resistenti al lavaggio e alla luce, e mi permettono di ottenere colori e sfumature che mi danno maggior soddisfazione. Io uso i cosiddetti "acid dyes", che si chiamano così perché si fissano con l'aceto o acido citrico (acidi della frutta). Calcolo bene la quantità di coloranti che uso e dopo la tintura resta solo l'acqua che neutralizzo con 2-3 cucchiai di bicarbonato, così alla fine non ci sono residui nocivi per l'ambiente. Le marche che uso sono Ashford e/o Sabraset/Lanaset. Tutti i produttori hanno un documento obbligatorio chiamato Material Safety Data Sheet per ogni colore che io leggo sempre attentamente. Dopotutto, sono il primo ad essere esposto a questi prodotti chimici! I coloranti naturali sono migliori dei colori sintetici? In proposito si possono leggere questi articoli (in inglese) e farsi una propria opinione al riguardo:

Aren't natural dyes safer than synthetic dyes?

Natural dyes are not superior to commercial dyes

Tanta fibra pronta da filare o da infeltrire!

Riesci a tingere qualsiasi tipo di fibra? E con quali diversi risultati?

Per mancanza di tempo, ho deciso di tingere solo le fibre animali come "specializzazione" anche se ho provato la tintura con le fibre cellulose. E tuttavia ho ancora in testa il progetto di poter tingere il lino con l'indaco.

Oltre alla tintura sappiamo che ti dedichi anche ad altre attività tessili come la maglia e la filatura. Quanto prevale (se prevale) la prima rispetto alle altre?

Devo dare la precedenza alla tintura perché, per mantenere e coltivare la mia "malattia", produco e vendo una piccola quantità di filati tinti a mano per poter andar avanti. Specialmente per la filatura, gli attrezzi costano parecchio e vorrei organizzarmi meglio per essere libero di poter produrre i filati che ho in mente (come le art yarns). Dopo la giornata di tintura mi rilasso filando e lavorando a maglia.

Art-yarn firmati "Elbert Espeleta"Quindi, quando prepari i bagni di colore, pensi già a uno specifico modello da realizzare con quel filato oppure ti lasci guidare dal raptus creativo del momento?

Di solito, preparo i colori e le matasse senza pensare ad un progetto specifico perché mi piace la libertà di scegliere i colori: quando vedo un progetto che vorrei realizzare, vado a vedere i miei campioncini (più di 350) e dico, "hmm...". Per certe progetti, tipo il lace in un colore gradient, invece, tingo per valorizzarne il pattern.

 

A questo punto ognuno di noi vorrà avere fra le sue mani una (se non tutte) delle tue meravigliose matasse. Dove possiamo trovarle? Hai un negozio online?

Sono su Facebook dove ho due pagine: "Flipbrat" dove metto qualsiasi lavoro lanoso anche mio personale, e "Chiaroscuro" per le cose che voglio mettere in vendita. Ho anche un negozietto on line ma è praticamente vuoto ora perché quel che riesco a produrre finiscono poi nei pochi mercatini a cui partecipo o nei diversi knit cafè. Ma ci sto lavorando e spero di riaprire il negozio presto. (stay tuned!).

“Birdland isle” di Paolo Dalle Piane“Foliage” di Adriana Monoscalco“Tre o molti” di Anthony Casalena

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