Globetrotter: Gerusalemme

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Il volo è stato breve e indolore, tutto sommato. D’accordo, le calze verdi delle hostess di Alitalia sono drammaticamente imbarazzanti, devo confermarlo. Ancora non ero incespicato nelle loro nuove divise, ma ammetto che l’iter emotivo a cui si fa fronte quando si dà loro uno sguardo è diviso in due fasi: un singulto e un sorriso per dissimulare l’empasse .

Come dicevo il volo Roma - Tel Aviv è stato breve e indolore. All’uscita dell’aeroporto ad aspettare quelli come noi c’era una schiera di taxi collettivi che fanno avanti e indietro dalle grandi città di Israele portando i nuovi arrivati all’indirizzo desiderato. Amo questi retaggi sovietici che scivolano tra gli interstizi sociali d’Israele: filigranano la Terra detta “Santa” di contraddizioni e abiti culturali che in un certo modo le danno quel quid di fascino in più, oltre all’aurea di santità che già si ritrova.

Parlando di cose ben più importanti, sebbene mi si prospettasse davanti una settimana di vacanza, di mare e di caldo, già avevo mandato in avanscoperta svariati amici a battere Gerusalemme in cerca di negozietti di lana e di filati vari, ma con fioca speranza che ve ne fossero davvero. Dopotutto, durante i due anni in cui ci ho vissuto non ho mai fatto caso ad alcuni negozio che davvero mi alluzzasse o mi gasasse più di tanto. Ma pochi giorni prima della mia partenza dall’Italia mi era stato inviato un messaggio da un mio amico, lo stesso che mi avrebbe ospitato al mio arrivo, con allegata al messaggio una foto di una vetrina di un negozio di lana con sotto scritto “Che filato vuoi?”. Questa cosa mi aveva chiaramente esaltato. Voglio dire: una foto simile solletica grandi speranze in quelli come noi. C’è LANA! YAY!

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Il volo è stato breve e indolore, tutto sommato. D’accordo, le calze verdi delle hostess di Alitalia sono drammaticamente imbarazzanti, devo confermarlo. Ancora non ero incespicato nelle loro nuove divise, ma ammetto che l’iter emotivo a cui si fa fronte quando si dà loro uno sguardo è diviso in due fasi: un singulto e un sorriso per dissimulare l’empasse .

Come dicevo il volo Roma - Tel Aviv è stato breve e indolore. All’uscita dell’aeroporto ad aspettare quelli come noi c’era una schiera di taxi collettivi che fanno avanti e indietro dalle grandi città di Israele portando i nuovi arrivati all’indirizzo desiderato. Amo questi retaggi sovietici che scivolano tra gli interstizi sociali d’Israele: filigranano la Terra detta “Santa” di contraddizioni e abiti culturali che in un certo modo le danno quel quid di fascino in più, oltre all’aurea di santità che già si ritrova.

Parlando di cose ben più importanti, sebbene mi si prospettasse davanti una settimana di vacanza, di mare e di caldo, già avevo mandato in avanscoperta svariati amici a battere Gerusalemme in cerca di negozietti di lana e di filati vari, ma con fioca speranza che ve ne fossero davvero. Dopotutto, durante i due anni in cui ci ho vissuto non ho mai fatto caso ad alcuni negozio che davvero mi alluzzasse o mi gasasse più di tanto. Ma pochi giorni prima della mia partenza dall’Italia mi era stato inviato un messaggio da un mio amico, lo stesso che mi avrebbe ospitato al mio arrivo, con allegata al messaggio una foto di una vetrina di un negozio di lana con sotto scritto “Che filato vuoi?”. Questa cosa mi aveva chiaramente esaltato. Voglio dire: una foto simile solletica grandi speranze in quelli come noi. C’è LANA! YAY!

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Lunedì mattina io e il mio amico siamo andati da Bernina (sì, Bernina!), il negozio di lana di cui mi avevano parlato. Entrando la mia delusione si è velocemente fatta largo tra l’emozione per poi semplicemente sopraffarla. Nel negozio, in realtà, vi era solo un piccolo angolino di filati, un po’ erano in cotone, ma la maggior parte della lana era acrilico. Di lana pura non c’era praticamente nulla. Com’era possibile? Dopotutto a Gerusalemme l’inverno nevica e la temperatura scende anche fino a -3… com’era possibile che a nessuno saltasse in mente di farsi un maglione in lana invece che in acrilico? Mi sono avvicinato alla commessa e le ho domandato se avesse della lana “vera”, magari nascosta da qualche parte per gli affezionati più calorosi, per i gerosolimitani più vivaci o per i religiosi più pii, che ne sai, tu?! tante le volte…, ma lei mi ha guardato incuriosita, mi ha risposto di no e con quel fare frettoloso mi  ha invitato a non farle perdere tempo.

Siamo usciti: io, il mio amico, e lo sconforto e siamo tornati a casa. L’indomani sono partito per il Mar Rosso e per quattro giorni ho abbandonato l’idea della ricerca di un punto di accumulazione lanoso (questo solo perché mi ero comunque già portato della lana dall’Italia per passare del tempo genuino in spiaggia!)

Al mio rientro a Gerusalemme, di venerdì mattina, la città era in sublime eccitazione.

Il giorno primo di Shabbat è sempre una giornata di grande tramestio e di folli corse. Tutto, ma proprio tutto, chiude a Shabbat. Non ci sono mezzi di trasposto, non ci sono ristoranti (forse solo due o tre) aperti, non ci sono supermercati… nulla funziona. Dio sì riposò, no? Ecco, a Shabbat si fa lo stesso! Tiè! Quindi di venerdì, prima che suoni la sirena in città che annuncia l’orario dell’accensione delle candele e da il via alla chiusura di tutti i negozi e ristoranti, la gente corre, cucina, compra, impazza, litiga, è nervosa, è felice, è trafelata. Io, invece, passeggiavo tranquillamente con un altro mio amico, Omri, e ci aggiornavamo sugli ultimi mesi della nostra vita. Naturalmente, non ho potuto fare a meno di parlargli del lavoro a maglia, di Magliuomini e della visita al negozio Bernina che con sé aveva portato uno sconforto simile a quello di quando scopri che il tuo campione non soddisfa il numero di punti di cui avevi bisogno. “Ma tu sei stato da Victoria?”

Sboom! Victoria. Ma chi sarà mai questa Victoria? Ma cosa sarà mai?  Ci siamo avviati verso questo negozio di lana che era proprio lì, nella strada principale, su via King George, di fronte a Ben Yehuda, nel cuore della città, del centro. Ed era chiuso, naturalmente. Ma niente panico! Dopo Shabbat c’è sempre domenica (se no, ti riposi per cosa?).

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Domenica mattina alle 7 ero già sveglio. Il taxi che mi avrebbe riportato all’aeroporto sarebbe passato per le 11 a raccattare me e i miei bagagli e quindi avevo alcune ore libere per andare al negozio e scoprire di cosa si trattava. Sono uscito di casa e sono arrivato al negozio che, però, era ancora inequivocabilmente chiuso. Apriva alle 10:30 ed erano solo le 8.30. Ma tra me e il panico s’è messa proprio Victoria! In quel momento ho visto una signora che usciva dal negozio chiudendosi alle spalle la porta con un grosso lucchetto. Fiondandomi davanti alla signora con la mia più naturale espressione, l’ho salutata e mi sono “presentato” (si sappia che a fini benefici mi sono presentato come “Salve io scrivo per il blog di Magliuomini, un blog di maglia…”). Dopo essermi raccontato e averle detto che mi sarebbe piaciuto scrivere un post sul negozio di lana e aguglieria più fornito di Gerusalemme lei, molto calorosamente, mi ha proposto di entrare benché il negozio fosse  ancora chiuso, e di dare una sbirciatina.

Victoria, la proprietaria del negozio è una ragazza sulla quarantina, immigrata in Israele dalla Russia meridionale più o meno venticinque anni fa. Ha i capelli biondi lunghi e occhi chiari, lavora a maglia da una vita, è molto alla mano e quando parla non ha alcun accento russo. Anzi, parla ebraico come una nativa israeliana. Il suo negozio, in realtà, è “dichiaratamente” una cantina (si chiama “La cantina di Victoria”). È uno spazio abbastanza grande abbracciato da scaffali ricolmi di lana di ogni tipo e colore. Sono entrato dopo di lei e sono sceso lungo le scale un po’ impacciatamente perché tutti i gradini erano pieni di oggettistica e di arnesi per il cucito. Ho iniziato subito a gironzolare per il negozio, ma lei non mi ha lasciato solo, mi ha accompagnato e mi ha mostrato le varie lane. Mi ha mostrato innanzitutto le lane merino al 100%, poi è passata a mostrarmi le lane di alpaca che aveva disponibili al momento. Sono rimasto molto incuriosito da questo tipo di lana perché pare che in Israele, molti dei filati di alpaca siano misti acrilico. Mi spiego meglio. Spesso qui da me ho trovato lana mista alpaca, con percentuali diverse, naturalmente, ma con minime percentuali di acrilico per non “svilire” il filato di alpaca che, dopotutto diciamocelo: è figo! No? Ecco, in Israele, invece, uno dei filati che più piace è proprio un filato abbastanza grosso, da lavorare con ferri del 5,5/6 e che ha 40% di alpaca, 10% di lana e il restante 50% di acrilico. Mi sono sembrate delle percentuali inusuali, forse ai miei occhi un poco sperequate dato che cercavo qualcosa di meno acrilico, ma poco male.

Abbiamo continuato il giro e Victoria mia ha mostrato un’altra lana che viene molto utilizzata e che è una specie di mohair composta da 20% alpaca e 80% acrilico.

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Dopo questi due tipi, mi ha mostrato uno scaffale di lane bicolore, dicendomi che a Gersalemme in particolar modo alla gente piace prendere lana dei colori delle squadre di calcio (immaginate l’imbarazzo prendere forma sul mio viso alla parola “calcio” e la gocciolina di sudore scendere lemme lemme lungo la fronte…) e quindi mi mostrato diversi gomitoli di due colori chiedendomi con grande esuberanza: “Questi, per esempio, sono i colori di quale squadra…?” “Gersualemme..?” - ho risposto io un po’ speranzosamente e un po’ interrogativamente - “Ma no! Barcellona!” - ha risposto. (come ho fatto a sbagliare? …. ). Ammetto di non aver prestato troppa attenzione a questa lana.

Proseguendo oltre lo scaffale che dei colori delle squadre di calcio, abbiamo raggiunto un reparto di lana “intelligente”, come la chiamava lei, che è una lana in acrilico che durante la lavorazione crea dei motivi come se si stesse facendo una lavorazione stranded (tipo uno jacquard), e mostrandomene un paio di campioni, ha aggiunto, un po’ sottovoce per creare quell’atmosfera di complicità tra sciure, che naturalmente questo filato è un tipo che compra chi non ha una passione molto spiccata per il lavoro ai ferri ma che vuole soltanto divertirsi un po’. Con occhi gravidi di serietà ho annuito corroborando la nostra complicità sempre più.

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Instaurata questa intimità, ci siamo spostati di un passo e Victoria mi ha raccontato che un altro tipo di lana che pare piaccia molto e che vada molto in Israele è la ciniglia. Ora: siccome l’ultima volta che l’ho vista addosso a qualcuno ero minorenne me la sono guardata per bene! Victoria mi ha allungato dei gomitoli di svariate colorazioni e mi ha spiegato che di questo filato ne viene venduto moltissimo.

Davanti a questa ciniglia, ho iniziato a fare un po’ di domande a Victoria sul mondo del knitting in Israele, e così Victoria mi ha raccontato che a Gerusalemme sono in molti a lavorare a maglia. “E non solo donne!” - ha aggiunto guardandomi dritto negli occhi - “anche ragazzi e ragazze giovani!!”. Mi ha raccontato che la maggior parte dei filati che si trovano in Israele provengono dalla Turchia. Filati di altra importazione sarebbero davvero difficili da vendere e fare i conti con la realtà significa scegliere dei filati la cui vendita è possibile e i cui prezzi restano accessibili.

Mi ha inoltre spiegato che solo negli ultimi cinque anni il lavoro a maglia è tornato di gran moda anche in Israele, prima di questi cinque anni c’è stato un grande calo del lavoro ai ferri e molti dei negozi di filati nelle varie città di Israele hanno chiuso. Ed ecco perché “La cantina di Victoria” in città non è solo un polo importante per la merce che vende, ma anche perché raccoglie in sé uno scampolo di storia dell’Israeli knitting (okay, era una divagazione un po’ romantica, ma è vero!). Quindi se in vacanza ti trovi a Gerusalemme è vuoi fare una visita diversa dal solito, vai da Victoria.

Riguardo altra merce, nel negozio è possibile trovare di tutto: ferri circolari della knitpro, ferri piani, uncinetti, cotone, lana, acrilico, fettucce, e tutto a prezzi ragionevoli.

Effettivamente l’aspetto “prezzo” era un aspetto che considero sempre abbastanza critico. In primis perché Israele è un Paese molto caro, un po’ per il cambio di valuta e un po’ per altri motivi; in seconda battuta perché in altri paesi dove sono stato, come per esempio gli Stati Uniti, il prezzo della lana era particolarmente inavvicinabile (per me, e a quando mi dicono non solo per me). Invece, in Israele, sia perché si parla di acrilico nella maggior parte dei casi, sia perché la lana è di provenienza turca e non europea, il prezzo rimane su uno standard relativamente fattibile . L’acrilico viaggia tra l’euro e i tre euro per un gomitolo da 100 gr, i filati con l’alpaca misto acrilico arrivano fino a un massimo di 10 euro per gomitoli da 150 grammi. Relativamente agli arnesi da lavoro, i 5 ferri da calza, per esempio, costano 6,50 euro e il costo medio dei ferri circolari è equiparabile a quello delle nostri negozi italiani.

Per concludere, insomma, direi che se si capita a Gerusalemme un saltino da Victoria si può fare. Giusto per fare un po’ i curiosi e guardarsi intorno anche in Medio Oriente.

Il negozio si trova in Via King George, vicino all’angolo con Ben Yehuda, facilissimo da trovare!

Buona visita e buona vacanza! 

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