Matemaglia: Gradient? Sì, ma fatto in casa!

matemaglia

Quando inizio un lavoro, soprattutto se si tratta di un mio progetto, scelgo il filato con attenzione e a volte sono un tantino maniacale in proposito. Posso aspettare anche un anno prima di trovare il filato che mi va bene e intanto acquisto un gomitolo di qua e uno di là per fare prove che accumulo prima di trovare quello giusto. Per me scegliere il filato non è quasi mai una questione di colore, piuttosto scelgo la fibra e il tipo (a un capo o più, bouclè, più o meno ritorto, tweed, con pelo o senza, ecc.) e quando ho trovato quello che corrisponde alla mia idea scelgo tra i colori a disposizione prodotti dall’azienda. Spesso mescolo filati sottilissimi come quelli che si lavorano a macchina: unisco aggiungendo un filo di questo e uno di quello fino ad ottenere ciò che ho in testa, penso alla texture, il colore è una “conseguenza”. Di questo però, vi parlerò un’altra volta.

E c’è la tintura: qualche volta tingo, più che altro per necessità, nel senso che lavoro filati che acquisto in colori naturali e sono pertanto costretta a tingere da sola perché non li voglio bianchi. Ma non posso dire che i processi della tintura mi facciano impazzire, lo faccio con risultati modesti ma soddisfacenti rispetto alle mie necessità per piccoli quantitativi di filato. Unire filati sottili mi piace indicibilmente di più.

Nell’ultimo anno abbiamo visto sul mercato filati molto simili prodotti da diverse aziende che avevano tutti un elemento comune: in qualche modo in un unico gomitolo presentavano un fluire di colori. Mi riferisco, per citare solo alcuni degli svariati esempi, a Spring Rainbow di Katia e Primavera di Mondial Lane.

1. Katia Spring Rainbow 2. Primavera di Mondial lane

I filati estivi Spring Rainbow di Katia e Primavera di Mondial lane

Ecco fiorire gomitoli che dal verde vanno all’arancio passando per il bianco, dall’azzurro al giallo passando per il verde. Una volta lavorati danno un risultato molto vicino a quello dei filati gradient, per capirsi quelli che in un gomitolo hanno diversi colori perché effettivamente il filato è stato tinto con un lento e graduale passaggio da un colore all’altro come quelli Wollelfe , meravigliosi. Ma i primi non sono tinti con una particolare tecnica, nascono dall’unione di sottilissimi filati dello stesso tipo ma di diverso colore.

3. Wollelfe

I bellissimi gradient di Wollelfe

E se me lo facessi da sola?” è stato il mio pensiero dopo aver visto un po’ di vetrine reali e virtuali. E un piccolo ricordo nascosto da qualche parte nella mia testa è riemerso. Mi è tornato in mente che il nostro Paolo Dalle Piane aveva già scritto in proposito, in una dispensa allegata al suo Birdland Isle. Letta a suo tempo e poi accantonata la trovate citata nella bibliografia: è un’ottima guida per la scelta dei colori da abbinare. Questa volta però devo proprio fare il mio esperimento. Mi dirigo con quell’espressione decisa da raptus creativo che preoccupa i miei familiari verso la mia scatola di “filati per esperimenti”. I miei filati per esperimenti sono in realtà di un unico tipo, la merino Campolmi con titolo 2/25000. Ogni tanto ne acquisto di qualche colore ma ne compro sempre qualche etto più del necessario così da averne sempre in colori diversi nella scatola: dispongo di un giallo tuorlo d’uovo, un blu petrolio, un blu estivo e vivace, un viola, diversi verdi, il nero, un blu scurissimo, un grigio melange e un bellissimo bordeaux. Insomma ce n’è abbastanza per il mio esperimento. La scelta dei colori è obbligata: si tratta di fare il meglio possibile con quello che passa il convento. Penso al modello che farò e costruisco il filato per quel modello. Si tratta di una sciarpa, Dicembre, più che altro perché avendola inventata la conosco bene, sono sicura che è adatta a quello che ho in testa e non ho voglia di perdere tempo in altre ricerche. Scelgo il bordeaux, il viola e due blu con l’idea di fare una lunga striscia che transita gradualmente dal bordeaux al blu vivace. Per gioco mi costruisco una tavolozza di colori che poi non rispetterò: scoprirò infatti che sono stata troppo cauta e ho messo un colore di troppo. Toglierò in fase di lavorazione il primo blu, quello spento, perché non serve.

4. Prova di colori

Conoscere il filato dà dei vantaggi: so già che sferruzzerò assieme 4 fili (ognuno dei quali a due capi) di ciò che ho per le mani e che lo spessore corrispondente mi consente di ottenere la sciarpa lavorando con i ferri 4 ½. Lavoro a legaccio tenendo i 4 gomitoli separati, non preparo un singolo gomitolo. E’ più difficile lavorare così, con i gomitoli che vanno a spasso e fanno capriole come gattini, qualche filo può sfuggire al ferro che lo acchiappa e forse mi toccherà (e mi è toccato) porre rimedio con l’ago a lavoro finito. Preferisco così: non so a che punto della lavorazione farò i cambi di colore e tenere i gomitoli separati è fondamentale per poter fruire senza vincoli di ciò che rimarrà in altri lavori futuri.

Comincio con 4 fili bordeaux, tinta unita, completo la parte a punte della sciarpa e lavoro altri 38 ferri. Quindi taglio un filo bordeaux e annodo con un viola. Ogni 38 ferri ripeto il taglio di un filo per cambiare il colore. Ne viene fuori uno di quei lavori che non vedi l’ora di finire, che ti prende e sorprende per il risultato che va ben oltre le mie aspettative ed è semplicissimo nell’esecuzione. Quando arrivo al viola in tinta unita sottopongo il modello ad un sondaggio in famiglia, decidiamo che questa sezione deve essere più corta per non interrompere il fluire nella transizione dei colori, solo 22 ferri. Ma è del tutto soggettivo, magari altri colori avrebbero dato un’impressione diversa. Ed è rilassante, incredibilmente rilassante continuare a sferruzzare un colore dopo l’altro.

Qui il risultato, che vi pare? A volte i lavori più semplici sono quelli che riescono meglio….

prove gradient prove gradient

Nota Bibliografica: Paolo Dalle Piane - Crea il tuo gradient, 2015

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